Schicht

Schicht, Alex Garbaulet, 29′, Germania 2015

Schicht (Shift) è sia un regolamento dei conti che una ricerca delle tracce del passato. Strato dopo strato il film elabora un ritratto della famiglia della filmmaker – portato alla vita da registrazioni di archivi privati – e intraprende un vorticoso viaggio attraverso la città industriale in declino di Salzgitter, Germania.

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Titolo Schicht / Shift/ Turno
Durata 28′ 30″
Anno 2015
Paese Germania
Genere Documentario sperimentale
Lingua Tedesco
Sottotitoli Inglese
Regia Alex Gerbaulet
Sceneggiatura Alex Gerbaulet
Fotografia Alex Gerbaulet, Smina Bluth
Suono Tom Schön
Montaggio Philip Scheffner
Montaggio del suono Pascal Capitolin
Musica Philip Scheffner
Cast Susanne Sachsse
Produzione pong Film GmbH
Distribuzione pong Film GmbH
Festival a.o. International Short Film Fest Oberhausen 2015, FID Marseille 2015, Doclisboa 2015, Filmmaker Festival Milano 2015, transmediale 2016, Bucharest International Experimental Film Fest 2016
Premi 1st Prize German Competition at International Short Film Fest Oberhausen 2015; Fist Film Award FID Marseille 2015; German Film Critics Award 2015
Sito http://schicht.pong-berlin.de

Sinossi
Schicht (Schift) elabora un ritratto della famiglia della filmmaker – portato alla vita da registrazioni di archivi privati – e intraprende un vorticoso viaggio attraverso la città industriale in declino di Salzgitter, Germania. Una città che è un cyborg con uno scheletro di ferro e un cuore che batte a 1000 metri di profondità sotto strati di terra e calcestruzzo.
L’attività mineraria, l’acciaieria, la città modello. Tra il ’33 e il ’45, la prima generazione post-bellica si proietta verso il futuro. Rudolf Gerbaulet completa il suo apprendistato alla Reichswerke AG (S.P.A.) (precedentemente conosciuta come Hermann Göring Werk), lavora in miniera e allo stabilimento della Volkswagen. Sua moglie Doris è malata di sclerosi multipla. Il suo diario è l’espressione della sua lenta scomparsa. Loro chiamano la loro prima figlia come una cantante: Alexandra. Come una punk ribelle la figlia trova il suo proprio ritmo.
Palpitante, a volte senza fiato, il film segue le storie esposte. I luoghi filmati sono attaccati con materiali d’archivio: propaganda, notizie, foto di album di famiglia. Tutto è soggetto alla interpretazione della filmmaker.
Un film tra analisi e immaginazione, composto dal punk della giovinezza della filmmaker, accompagnato dal boato dalla fonderia dal rumore dell’autostrada. Interrotto dal taglio del silenzio delle miniere abbandonate, in cui dal 2020 saranno stoccati rifiuti nucleari. Mezza vuta di 24.000 anni. 685 generazioni.

Note di regia
Schicht è un film sull’assistere a una morte. Il film comincia alla tomba di mia madre, salta poi indietro nel tempo e delinea la sua lenta sparizione. Molti dei sentimenti dalla mia giovinezza- rabbia, aggressione, sentirmi inerme-, che il film orchestra, hanno la loro origine nel partecipare alla sua sospensione tra la vita e la morte.
L’immagine impressionante di questa condizione di sospensione è il letto in cui Doris ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Un letto speciale per pazienti in decubito, che attraverso un soffietto solleva il materasso e tiene il paziente in equilibrio. Il corpo, che non ha più forza, deve essere mantenuto con moltissima pressione dalla pelle. I pazienti perdono quindi i confini del proprio corpo e non si percepiscono più nel modo giusto.
Nella condizione di sospensione di mia madre per me c’è una analogia con la condizione di sospensione in cui si trova oggi la città di Salzgitter e che cerco di catturare nelle mie immagini.
Anche Salzgitter muore come area metropolitana industriale. È una città in declino, la disoccupazione è alta, i giovani emigrano, la città si spopola. Quella che una volta era una florida industria pesante oggi si stabilisce sempre più lontano, come si suol dire, si delocalizza sui prodotti di nicchia o, ancora, opera nell’ambito delle prestazioni di servizi. Ciò vuole certamente aumentare il volume d’affari, ma non crea più posti di lavoro. Il 20 settembre 2013 il Guardian ha fatto un rapporto su Salzgitter: “Gli analisti dicono che la Germania deve agire prima che diventi piena di paesi fantasma”. Le fosse sono già abbastanza fitte. E tuttavia si trova qui il futuro, anche se ciò non sarà festeggiato come la partenza in una nuova epoca. L’era post-industriale significa per Salzgitter che la città diventerà la discarica della Repubblica. Oggi vengono poste nuove fondamenta per la città di domani: sono costituita da calcestruzzo versato su depositi di scorie radioattive.
Le nuove fondamenta che porteranno la città di Salzgitter nel futuro verranno riempite nelle gallerie ininterrotte delle precedenti miniere. Il piano di massima sicurezza del futuro stoccaggio finale è oggi già in parte sicuro.
Il mio film instaura nella città di Salzgitter in declino un’archeologia del presente, quindi il passato non è concluso, ma anzi si intreccia con l’adesso. Per Salzgitter significa ferite da disaminare, allora la costruzione della città fu un atto di violenza, i cui colpi sono ancora oggi visibili. Significa anche mostrare la cultura quotidiana e lavorativa proletaria che mette radici nell’oggi di questo passato. Per rendere visibile tutto ciò, non è sufficiente una pura osservazione, deve essere scavato, penetrato, rovesciato. In questo caso è impiegato come mezzo, tra gli altri, il materiale d’archivio.
Lo sguardo su queste “città fantasma” e i loro “ritornanti” mi rende possibile anche un’altra relazione con la condizione di sospensione di mia madre. Di lei oggi è rimasta solo la tomba, il letto che anche senza di lei continua a “respirare” e la casa dove non ha mai vissuto. Mio padre l’ha costruita ed è rimasto lì. Ogni giorno lui gira intorno al centro vuoto di questa abitazione. Ogni giorno ripercorre nella sua corsa anche i dintorni dell’acciaieria, il centro immaginario e reale della città. Il film gira intorno a questo punto centrale, che non è più un punto di riferimento.
L’acciaieria “respira” e fuma. Soprattutto in città si ritiene di ascoltare il rumore dell’industria, che qui ha stabilizzato il corpo della città dall’interno. Allora cosa succede oggi a questa città, se questa industria declina o come minimo si rimpicciolisce e licenzia i suoi lavoratori e lavoratrici? Il pensionato Herbert Haschke dice al Guardian: “Se non c’è più lavoro, non ci sono più case e presto non ci sarà più nessun paese”. Che cosa succede alla città, alle persone, alla terra se l’industria scompare? Scompare Salzgitter, come è scomparsa anche mia madre? Questa è una domanda che oggi riguarda molti posti nel mondo che sono nati attorno a un’industria.
A tale riguardo la storia di Salzgitter è anche una storia universale.
Che cosa succederà al pozzo se verrà riempito, che cosa succederà alla tomba di mia madre se verrà spianata? Movimenti che sono collegati all’oblio.

Saures Land © Alex Gerbaulet Traduzione Marina Resta

Schicht
Schicht

Bio-filmografia regista
Alex Gerbauler, nata nel 1977 a Salzigitter, Germania. Artista e filmmaker, abita a Berlino. Fino al 2007 ha studiato filosofia, scienze della comunicazione e belle arti a Braunschweig (Germania) e Vienna (Austria). Nel 2008 le è stata conferita una borsa di studio dalla Fondazione Hans Böckler, nel 2011 è stata selezionata per la Berlinale Talent Campus DOC Station, nel 2012 una borsa di studio della città di Berlino. Dal 2007 al 2011 è stata un membro dello staff della University of Arts a Braunschweig, dal 2012 al 2014 ha insegnato all’ University of Arts in Kassel. Dal 2014 fa parte della casa della società di produzione pong film, con sede a Berlino. Ha realizzato diversi progetti di video arte. SCHICHT (SHIFT) è il suo primo film cinematografico.