La legge del mercato / La Loi du Marché

La legge del mercato, Stéphane Brizé, 93′, Francia 2015

All’età di 51 anni e dopo 20 mesi di disoccupazione, Thierry inizia un nuovo lavoro che lo porterà presto a confrontarsi con un profondo dilemma. Cosa è disposto a sacrificare per non perdere il proprio lavoro?

Al Cinema Primavera mercoledì 27 aprile alle 16.30 e mercoledì 27 aprile alle 19.00

Titolo La Legge del Mercato (La Loi du Marché)
Durata 93′
Anno 2015
Paese Francia
Genere Drammatico
Lingua Francese
Sottotitoli Italiano
Regia Stéphane Brizé
Sceneggiatura Stéphane Brizé, Olivier Gorce
Fotografia Éric Dumont
Suono Emmanuelle Villard
Montaggio Anne Klotz
Montaggio del suono Hervé Guyader
Cast Vincent Lindon, Mathieu Schaller, Karine Petit de Mirbeck
Produzione Nord-Ouest Films, Arte France Cinéma (co-produzione)
Distribuzione Academy Two
Festival Cannes 2015
Premi Palma d’oro, César e Prox Lumiere a Vincent Lindon come miglior attore protagonista maschile.

Sinossi
Thierry, cinquantenne con moglie e figlio disabile a carico, non lavora da oltre un anno e mezzo. Dopo una lunga e umiliante ricerca di un nuovo impiego viene assunto in un ipermercato come addetto alla sicurezza. Qui, tra taccheggiatori pensionati e cassiere disoneste, la sua etica verrà messa a dura prova dalla necessità di mantenere il lavoro.

Note di regia
I miei film hanno sempre raccontato storie molto personali, non ho mai ritenuto necessario soffermarmi sull’ambiente sociale in cui erano collocati i personaggi. Successivamente ho iniziato ad osservare la brutalità dei meccanismi e dei rapporti dominanti nel nostro mondo, sovrapponendo l’umanità di un uomo senza sicurezza lavorativa, alla violenza della nostra società.

Fin dall’inizio del processo di scrittura, sapevo che il film sarebbe stato girato con una piccola troupe, con attori non professionisti e che avrei voluto lavorare con Vincent Lindon. Non solo, ho spiegato a Christophe Rossignon il produttore e a Vincent Lindon che avrei voluto co-produrre il progetto con un budget ridotto e investendo la maggior parte dei nostri compensi nel film, naturalmente la troupe è stata regolarmente pagata. Non tutti i film possono essere realizzati in questo modo ma con questo è stato possibile. L’argomento, lo stile e l’aver autofinanziato il film, è una scelta di coerenza. È stata anche una conferma che i film possono essere realizzati in maniera differente, in un momento in cui l’industria cinematografica affronta il grande interrogativo di come finanziare le produzioni. Ho anche ripensato alla scenografia e all’allestimento così come alle mie motivazioni. Questo film è frutto della necessità.
Avevo già girato con attori non professionisti in piccoli ruoli e ogni volta avevo avuto la sensazione che mi conducessero più vicino alla realtà, che poi è quello che mi interessa maggiormente nel mio lavoro. Ho voluto forzare ulteriormente la situazione inserendo un attore di grande esperienza in un cast di non professionisti. Volevo costringere Vincent Lindon a lavorare in un territorio che come attore non aveva mai esplorato.
Per prima cosa ho scelto un direttore della fotografia che avesse lavorato solo con i documentari. Volevo qualcuno che fosse abituato ad essere totalmente autonomo con le inquadrature e le messe a fuoco. Ho lavorato con Eric Dumont, un giovane direttore della fotografia, di appena 30 anni e che non aveva mai lavorato per un film di finzione. Desideravo spiegargli con precisione la mia idea della scena e poi lasciare che lui la traducesse in una composizione. Ad un certo punto, è diventato un vero e proprio attore in scena, in base a quello che inquadrava, dava alla scena un significato o un altro. Quello che mi interessava era soprattutto il punto di vista di Thierry/Vincent. Lui è al centro della storia. Qualsiasi cosa vede e sente mi interessa. Ed è il motivo per cui a volte lo filmavo per lungo tempo anche se non era il protagonista di quella scena. Ho filmato Lindon come un boxer che picchia, senza necessariamente riprendere chi colpisce. Questo ha richiesto l’utilizzo del cinemascope, avevo bisogno di mostrare cosa accadeva davanti e intorno a lui.
Ho osservato un uomo che ha dato il suo corpo, il suo tempo, la sua energia ad una compagnia per 25 anni prima di essere messo da parte perché i suoi capi decidono di produrre quel prodotto in un altro paese, dove il lavoro costa meno.
Non è stato licenziato perché non faceva bene il suo lavoro. È stato fatto fuori perché alcune persone volevano fare più soldi. Thierry è la conseguenza diretta di pochi azionisti invisibili
Che hanno bisogno di far salire i prezzi delle azioni. È l’altra faccia delle statistiche sui disoccupati che ascoltiamo ogni giorno nei telegiornali. Possono occupare solo un paio di righe sui giornali ma dietro ci sono tragedie umane. Thierry è un uomo normale – normale nonostante la sconfitta subita negli ultimi anni – in una situazione disumana: sono passati 20 mesi da quando la sua azienda lo ha licenziato e ora è obbligato ad accettare qualsiasi lavoro gli venga proposto. Anche quando questo posto di lavoro lo costringe in una situazione moralmente inaccettabile, cosa altro potrebbe fare? Diventare complice di un sistema spietato o lasciarlo e ritornare ad una vita instabile? Questo è il cuore del film. Il posto di un uomo nel sistema.

La Legge del mercato
La Legge del mercato

Bio-filmografia del regista
Nato a Rennes, nel Nord Ovest della Francia nel 1966, Stéphane Brizé si forma come tecnico elettronico. Dopo la messa in scena di alcune piéces teatrali, durante gli anni Novanta realizza i primi cortometraggi fino a debuttare nel lungo formato nel 1999, con Le Blue des villes. Nel 2005 dirige Je ne suis pas là pour etre aimè e nel 2007 Entre Adultes.
La loi du marché è il suo sesto film, il terzo consecutivo con Vincent Lindon (Mademoiselle Chambon, 2009 e Quelches heures de printetemps, 2012)